Violazione della privacy e separazione. Quali prove è lecito usare?

Violazione della privacy tra marito e moglie

 Ai sensi dell’art 143 del codice civile (c.c.) i coniugi, con il matrimonio, acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri. Dall’unione matrimoniale, inoltre, derivano l’obbligo reciproco alla fedeltà e all’assistenza morale e materiale, oltre a quelli di contribuzione ai bisogni della famiglia.

Il successivo articolo 156 del c.c. informa che il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge “cui non sia addebitabile la separazione” il diritto di ricevere dall’altro consorte quanto è necessario al suo mantenimento. Cancellata la separazione per colpa, residua unicamente un’indagine finalizzata a indagare a chi sia addebitabile la separazione dalla quale in caso di suo accertamento deriva una sorta di indegnità alla percezione dell’assegno di mantenimento.

La prova del tradimento

Nell’epoca dell’avvento di internet e dei social network la prova su cui si fonda la domanda di addebito della separazione proviene da:

  • la scoperta di chiamate o sms reperiti sul cellulare del coniuge;
  • la lettura di e-mail archiviate nel suo computer;
  • la visione di fotografie pubblicate su Facebook.

Oggi ci poniamo questa domanda: è lecito utilizzare nel giudizio di separazione le prove rinvenute attraverso i social che ritraggono il coniuge in bella compagnia e/o in altri atteggiamenti?

E se sì, tutto ciò si scontra con il diritto alla riservatezza del soggetto ritratto?

Rispondere a questi quesiti è fondamentale perché il partner tradito, o comunque offeso, corre dei rischi. Quali sono? Il tentativo di dimostrare che la colpa della crisi matrimoniale è del coniuge, non sua, potrebbe costargli una denuncia e il conseguente processo penale.

Le prove raccolte violando la Privacy

Troviamo le norme che tutelano il diritto alla privacy sia nel codice penale che nel codice civile.

Nel primo caso una prova assunta illegittimamente (cioè in violazione di una norma di legge o di un diritto fondamentale) non è ammissibile ed è addirittura considerata reato. Nel secondo caso, invece, è il giudice a decidere se la prova potrà essere usata nel processo oppure no.

Violazione della privacy e separazione: lettere, e-mail e chat

In ambito penale la lettura da parte di un coniuge della corrispondenza diretta esclusivamente al partner, senza il suo consenso espresso o tacito, configura il reato di sottrazione di corrispondenza (art. 616 comma 1 cod. pen.).

Lo stesso principio vale per i messaggi di posta elettronica scambiati tramite:

  • e-mail
  • Messenger
  • Skype
  • Facebook
  • WhatsApp

Questi vengono considerati autentici mezzi di corrispondenza e la violazione della loro riservatezza integra il reato di accesso abusivo a sistema informatico (art. 615 ter cod. pen.).

Con riguardo a Facebook, tuttavia, la Corte di Cassazione penale ha chiarito che i “post”, le condivisioni e le foto pubblicate non sono coperti dal diritto alla riservatezza. Costituiscono, infatti, informazioni rese volontariamente visibili e accessibili a tutti (se il profilo è pubblico) o quanto meno ad un certo gruppo di conoscenti (se il profilo è impostato con alcune restrizioni).

È pero prassi comune, nelle aule penali, che gli avvocati alleghino ai propri atti difensivi le foto di messaggi o e-mail. Sono conversazioni avvenute, ad esempio, tra la controparte e l’amante, o tra gli stessi sposi per provare proprio il tradimento.

Come si concilia tutto ciò con il diritto alla privacy di cui ho parlato sopra?

L’esercizio del diritto di difesa

Il nostro ordinamento, dunque, in caso di separazione, prevede l’uso da parte del giudice di prove assunte con modalità illecite (che costituiscono reato) se queste rappresentano l’unico modo per esercitare il diritto di difesa, ovvero di sostenere la domanda di addebito della separazione a carico dell’altro. Questo, però, non esclude il reato in sede penale.

Consigliamo di fare molta attenzione: le parti hanno a disposizione diversi mezzi per contestare le pretese avversarie o provare una determinata circostanza.

Facciamo degli esempi: l’ordine di esibizione ex art. 210 cod. proc. civ., cioè l’ordine dato dal giudice all’altra parte di produrre in giudizio un documento che l’altra non potrebbe produrre proprio per non violare la privacy; il sequestro ad opera del giudice dei medesimi documenti ex art. 669 bis e seguenti cod. proc. civ. Cosicché il ricorso a mezzi che violano la privacy è da considerarsi rimedio estremo da utilizzare con cautela

La giurisprudenza sulle prove fornite dall’investigatore privato

Quanto alla legalità dell’uso di una relazione investigativa, redatta da un tecnico incaricato da una delle parti del giudizio, la Corte di Cassazione ne ha affermato a più riprese la legittimità.

Uno dei casi contemplati è l’investigazione privata in ambito professionale. Il datore di lavoro potrà incaricare un’agenzia investigativa al fine di verificare condotte illecite da parte dei dipendenti (fra le altre, Cass. 22 novembre 2012, n. 20613; Cass. 8 giugno 2011, n. 12489; Cass. 14 febbraio 2011, n. 3590; Cass. 22 dicembre 2009, n. 26991).

Nell’ambito dei giudizi di separazione, allo stesso modo, il ricorso all’ausilio di un investigatore privato è ammesso dalla Corte di Cassazione, ma il coniuge che l’ha commissionata non potrà richiederne il rimborso (Cass. 12 aprile 2006, n. 8512; Cass. 24 febbraio 1975, n. 683; recentemente si è espressa in questi termini la Cassazione civile Sez. I, con la Sentenza n. 11516 del 23/05/2014).

Per concludere: facciamo attenzione all’uso indiscriminato dei social e delle relazioni investigative perché, se è vero che la regola del processo civile è il libero convincimento del magistrato (art. 116 c.p.c) è altrettanto vero che l’apprezzamento del giudice deve formarsi nell’ambito delle regole del processo. E le norme dicono che il diritto alla prova e il diritto alla riservatezza sono entrambi meritevoli di tutela.

Sarà dunque di volta in volta il prudente apprezzamento del giudice a valutare quale dei due debba prevalere.

Resta da aggiungere che, anche nell’ipotesi, ad esempio, in cui si sia provato il tradimento del coniuge, questo non basta a  tradursi in una sentenza di addebito al fedifrago.

Questo potrà accadere solo se, come più volte ha chiarito la Suprema Corte, si provi che il tradimento è intervenuto in un momento in cui la comunione materiale e spirituale tra i coniugi era già venuta meno, in altre parole se esso non sia stata la causa prima dello sfaldamento della coppia.

Sono a vostra disposizione se desiderate approfondire le questioni legate a violazione della privacy e separazione. Vi invito a contattarmi direttamente.

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